SYLVIA PLATH    

 

                      Lettera d'amore                     

Non è facile dire il cambiamento che operasti.
Se adesso sono viva, allora ero morta
anche se, come una pietra, non me ne curavo
e me ne stavo dov'ero per abitudine.
Tu non ti limitasti a spingermi un po' col piede, no-
e lasciare che rivolgessi il mio piccolo occhio nudo
di nuovo verso il cielo, senza speranza, è ovvio,
di comprendere l'azzurro, o le stelle.
Non fu questo. Diciamo che ho dormito: un serpente
mascherato da sasso nero tra i sassi neri
nel bianco iato dell'inverno-
come i miei vicini, senza trarre alcun piacere
dai milioni di guance perfettamente cesellate
che si posavano a ogni istante per sciogliere
la mia guancia di basalto. Si mutavano in lacrime,
angeli piangenti su nature spente,
Ma non mi convincevano. Quelle lacrime gelavano.
Ogni testa morta aveva una visiera di ghiaccio.
E io continuavo a dormire come un dito ripiegato.
La prima cosa che vidi fu l'aria, aria trasparente,
e le gocce prigioniere che si levavano in rugiada
limpide come spiriti. Tutt'intorno giacevano molte
pietre stolide e inespressive,
Io guardavo e non capivo.
Con un brillio di scaglie di mica, mi svolsi
per riversarmi fuori come un liquido
tra le zampe d'uccello e gli steli delle piante
Non m'ingannai. Ti riconobbi all'istante.
Albero e pietra scintillavano, senz’ombra.
La mia breve lunghezza diventò lucente come vetro.
Cominciai a germogliare come un rametto di marzo:
un braccio e una gamba, un braccio, una gamba.
Da pietra a nuvola, e così salii in lato.
Ora assomiglio a una specie di dio
e fluttuo per l’aria nella mia veste d'anima
pura come una lastra di ghiaccio. E' un dono.

 

                              Io sono verticale 

 Ma preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con radici nel suolo
succhiante minerali e amore materno
così da poter brillare di foglie a ogni marzo,
né sono la beltà di un'aiuola
ultradipinta che susciti grida di meraviglia,
senza sapere che presto dovrò perdere i miei petali.
Confronto a me, un albero è immortale
e la cima di un fiore, non alta, ma più clamorosa:
dell'uno la lunga vita, dell'altra mi manca l'audacia.

Stasera, all'infinitesimo lume delle stelle,
alberi e fiori hanno sparso i loro freddi profumi.
Ci passo in mezzo ma nessuno di loro ne fa caso.
A volte io penso che mentre dormo
forse assomiglio a loro nel modo piu' perfetto -
con i miei pensieri andati in nebbia.
Stare sdraiata è per me piu' naturale.
Allora il cielo ed io siamo in aperto colloquio,
e sarò utile il giorno che resto sdraiata per sempre:
finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me.

 

                                   I tulipani

I tulipani sono troppo eccitabili, e' inverno qui,
guarda quanto ogni cosa sia bianca, quieta e innevata.
Imparo la pace, mentre si posa quieta a me vicina
come la luce su questi muri bianchi, questo letto, queste mani.
Non sono nessuno; niente a che fare con le esplosioni.
Ho dato il mio nome e i vestiti alle infermiere
la mia storia all'anestesista e il mio corpo ai chirurghi.

Hanno appoggiato la mia testa tra cuscino e bordo del lenzuolo
come un occhio fra palpebre bianche che non si chiuderanno.
Stupida pupilla, di tutto deve fare incetta.
Le infermiere passano e ripassano, non disturbano,
passano come i gabbiani verso terra nelle loro cuffie bianche,
facendo cose con le mani, uguali l'una all'altra,
cosi' che e' impossibile dire quante siano.

Il mio corpo e' un sasso per loro, vi si apprestano come l'acqua
ai sassi sui quali deve scorrere, levigandoli garbata.
Mi danno il torpore con i loro aghi luccicanti, mi danno il sonno.
Adesso ho perduto me stessa sono stanca di bagagli -
la mia borsa di pelle come un nero portapillole,
mio marito e il bambino sorridono nella foto di famiglia;
i loro sorrisi mi agganciano la pelle, piccoli ami sorridenti.

Ho gettato cose in mare, io cargo di trent'anni
tenacemente attaccata al mio nome e indirizzo.
Hanno strofinato via tutti i miei affetti.
Impaurita e denudata sulla plastica verde della barella
ho guardato la mia teiera, il como' della biancheria, i miei libri
affondare lontani, e l'acqua arrivarmi sopra la testa.
Sono una suora adesso, mai stata cosi' pura.

Non volevo fiori, volevo soltanto
sdraiarmi a palme in su completamente vuota.
Come si sia liberi, non avete idea quanto liberi -
la pace e' cosi' grande che abbaglia,
non chiede nulla, un'etichetta col nome, qualche bazzecola.
Con questa, alla fine, chiudono i morti; li immagino
masticarsela come un'ostia da Comunione.

I tulipani sono troppo rossi in primo luogo, mi feriscono.
Anche attraverso la carta da regalo li sentivo respirare
piano, attraverso la bianca fasciatura, come un bimbo mostruoso.

Rossastri parlano alla mia ferita, le rispondono.
Sono traditori: sembrano ondeggiare, anche se mi tirano giu',
scompigliandomi con le loro lingue inattese e il colore,
una dozzina di rossi piombi intorno al mio collo.

Prima nessuno mi sorvegliava, adesso sono sorvegliata.
I tulipani si voltano verso di me, e la finestra dietro
dove quotidianamente la luce si allarga e si assottiglia,
io mi vedo, piatta, ridicola, ombra di carta ritagliata
fra l'occhio del sole e gli occhi dei tulipani,
non ho faccia, ho voluto cancellarmi.
I vividi tulipani consumano il mio ossigeno.

Prima che arrivassero l'aria era abbastanza calma,
pulsava, respiro dopo respiro, senza scompiglio.
Poi i tulipani l'hanno riempita di un gran rumore.
Ora l'aria spinge e gli vortica attorno come un fiume
spinge e vortica attorno a una macchina rosso-ruggine affondata.
Concentrano la mia attenzione, che era felice
giocando e riposando senza impegnarsi.

Anche i muri sembrano riscaldarsi tra loro.
I tulipani dovrebbero stare dietro le sbarre come bestie pericolose;
si aprono come la bocca di un grosso felino africano,
ed io mi accorgo del mio cuore: apre e chiude
la sua ampolla di rossi boccioli per vero amor mio.
L'acqua che assaggio e' calda e salata come il mare,
e viene da un paese lontano come la salute.

 

                                 Limite 

La donna ora è perfetta
Il suo corpo

morto ha il sorriso della compiutezza,
l'illusione di una necessità greca

fluisce nei volumi della sua toga,
i suoi piedi

nudi sembrano dire:
Siamo arrivati fin qui, è finita.

I bambini morti si sono acciambellati,
ciascuno, bianco serpente,

presso la sua piccola brocca di latte, ora vuota.
Lei li ha raccolti

di nuovo nel suo corpo come i petali
di una rosa si chiudono quando il giardino

s'irrigidisce e sanguinano i profumi
dalle dolci gole profonde del fiore notturno.

La luna, spettatrice nel suo cappuccio d'osso,
non ha motivo di essere triste.

E' abituata a queste cose.
I suoi neri crepitano e tirano.

 

La rivale

“Se la luna sorridesse, somiglierebbe a te
tu lasci lo stesso sapore
di qualcosa di bellissimo, ma che annichilisce.
Sia tu che lei siete grandi seccatori.
La sua bocca a O si addolora sul mondo. La tua è
Immobile, e il tuo primo dono è pietrificare ogni cosa

Lì c’è un mausoleo. Qui ci sei tu,
picchietti il marmo del tavolino con le dita,
cerchi le sigarette, maligno come una donna, ma non così nervoso,

e muori dalla voglia di dire impertinenze.

Anche la luna umilia i suoi sudditi,
ma di giorno è ridicola.
I tuoi malumori, d’altra parte,
arrivano per posta con un’adorabile regolarità,
bianchi e vani, espansivi come il monossido di carbonio.

Non vi è un solo giorno al riparo da tue notizie,
forse a spasso da qualche parte in Africa,
ma sempre pensando a me.

 

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1) LETTERA D'AMORE

2) IO SONO VERTICALE

3) I TULIPANI

4) LIMITE

5) LA RIVALE

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   SYLVIA PLAT 

Sylvia Plath è stata una poetessa e scrittrice statunitense.

Conosciuta principalmente per le sue poesie, ha anche scritto il romanzo semi-autobiografico :

"LA CAMPANA DI VETRO"

sotto lo pseudonimo di Victoria Lucas           

 

 LA MIA RECENZIONE
 

DI CAMPANA DI VETRO

"IL MALE DI VIVERE"

Ho terminato di leggere questo libro,con molta fatica emotiva. L'ultima parte del racconto è un crescendo drammatico,a tratti delirante che ti sconvolge. L'empatia che ho provato con la protagonista mi ha fatto capire e riflettere sulla drammaticità della vita lasciando una profonda traccia nel mio animo di donna Ambientato nell'America degli anni 60,racconta della difficoltà di vivere di una giovane ragazza,Esther,che rifiuta i così detti "valori "di una società borghese e perbenista VERGINITA'-MATRIMONIO_CARRIERA..... ..si sente oppressa le sembra di veder scorrere la sua vita attraverso il vetro di una campana che la racchiude ,la blocca ...tenta il suicidio,finisce in una casa di cura psichiatrica. Prova l'elettroshock..riesce faticosamente ad uscire dal tunnel. Ma per riprendersi la sua vita deve distruggere quei tabù che la soffocano: La verginità,decidendo di perderla col primo sconosciuto che poi non vorrà più rivedere. Il Matrimonio,rinunciando alla falsità di un uomo che l'ha delusa e alla passività di un ruolo di moglie che identifica nella madre. La Carriera..fuggendo dalle logiche del successo e del profitto a tutti i costi. Forse Esther intravede ora la possibilità di vivere fuori della campana di vetro...sembra questa la conclusione del racconto aperto alla speranza. ..ma che dire se poi nella vita reale la scrittrice si uccide un mese dopo la pubblicazione del libro.

 

Wikipedia

Data di nascita: 27 ottobre 1932, Jamaica Plain, Boston, Massachusetts, Stati Uniti Data di morte: 11 febbraio 1963, Londra, Regno Unito Coniuge: Ted Hughes (s. 1956–1963) Libri: La campana di vetro, Ariel, Johnny Panic e la Bibbia dei sogni, Lettere alla madre.

Influenze: Ted Hughes, Virginia Woolf, Anne Sexton,

Film: The Bell Jar

Argomento: SILVIA PLATH

IO SONO VERTICALE

MARA 10.12.2015
STRUGGENTE

R: IO SONO VERTICALE

SOGNO DI FARFALLA 12.09.2016
VERISSIMO

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