ALFONSINA STORNI PAG.1

                             

 

 

  IO SUL FONDO DEL MARE  

In fondo al mare
c’è una casa
di cristallo.

A una strada
di madreperle
conduce.

Un grande pesce d’oro,
alle cinque.
mi viene a salutare.

Mi porta
un ramo rosso
di fiori di corallo.

Dormo in un letto
un poco più azzurro
del mare.

Un polipo
mi fa l’occhietto
attraverso il cristallo.

Nel bosco verde
che mi circonda
- din don... din dan... -
dondolano e cantano
le sirene
di madreperla verdemare.

E sulla mia testa
ardono, al crepuscolo,
le ispide punte del mare.

 

 

   DUE PAROLE   

            All’orecchio questa notte mi hai detto due parole
comuni. Due parole stanche
di essere dette. Parole
che da vecchie si son fatte nuove.

Due parole così dolci, che la luna che passava
filtrando tra i rami
nella mia bocca si è fermata. Due parole così dolci
che una formica mi cammina sul collo e resto immobile
non provo nemmeno a scacciarla.

Due parole così dolci
che senza volerlo esclamo: oh, che bella, la vita!
Così dolci e così mansuete
che oli profumati scorrono sul corpo.

Così dolci e così belle
che nervose, le mie dita,
si muovono verso il cielo imitando una forbice.

Vorrebbero le mie dita
tagliare stelle.

 

 

 UOMO  

Uomo, io voglio che tu comprenda il mio male,
uomo, io voglio che tu mi dia dolcezza,
uomo, io vado per i tuoi stessi sentieri;
figlio di madre: comprendi la mia pazzia...

 

 

 

  VERSI ALLA TRISTEZZA DI BUENOS AIRES  

Tristi strade dritte, ingrigite e uguali,
da cui s’intravede, talvolta, uno spicchio di cielo,
le sue scure facciate e l’asfalto del suolo
hanno spento i miei tiepidi sogni primaverili.

Quanto vagai da quelle parti, sbadata ed intrisa
nel vapore grigiastro, lento, che le decora,
Della loro monotonia la mia anima soffre tutt’ora
- Alfonsina! - non chiamare. Ormai non rispondo a niente.

Se in una delle tue case, Buenos Aires, morirò
osservando in giorni autunnali il tuo cielo recluso
per me non sarà una sorpresa la tua lapide pesante.

Che tra le tue strade dritte, unte dal suo fiume
spento, plumbeo, desolante e ombroso,
quando vagai da quelle parti, già stavo sottoterra.

 

 

 

  Potrebbe essere   

Potrebbe essere che ciò che nel verso ho sentito
Non fosse altro che ciò che mai ha potuto essere,
Non fosse altro che qualcosa di vietato e represso
Di famiglia in famiglia, di donna in donna.

Dicono che nei solari della mia gente, era indicato
tutto quello che si doveva fare…
Dicono che le donne della mia casa materna
fossero silenziose… Ah, bene poteva essere…

A volte in mia madre spuntarono desideri
di liberarsi, ma le saliva agli occhi
un’onda di amarezza, e nell’oscurità piangeva.

E tutto questo travaglio, vinto, mutilato,
Tutto questo stava racchiuso nella sua anima,
Penso que senza volerlo, io l’ho liberato.

 

 

 

  Voglio dormire     

Denti di fiori, cuffia di rugiada,
erbose mani, tu, nutrice lieve,
tienimi pronte le lenzuola di terra
e la coperta di muschio cardato.

Vado a dormire, o mia nutrice, cullami
Ponimi una lucerna al capezzale
una costellazione; quella che ti piace;
tutte van bene; smorzala un pochino.

Lasciami sola: ascolta erompere i germogli…
un piede celeste ti culla dall’alto
e un passero ti traccia uno spartito

perché dimentichi… Grazie. Ah, un incarico
se lui chiama di nuovo per telefono
digli che non insista, sono andata…

 

 

 

PETTO BIANCO

Perché io ho il petto bianco, docile, inoffensivo, dev’essere che le tante frecce che vanno nell’aria vagando prendono la sua direzione e lì si piantano. Tu, la mano perversa che mi ferisce, se questo è il tuo piacere, poco ti basta; il mio petto è bianco, è docile ed è umile: fuoriesce un po' di sangue... dopo, nulla.

(da Languidezza, 1920)

 

 

 

DA POESIE D'AMORE

 

Al di sopra di tutto amo la tua anima.

Attraverso il velo della tua carne la vedo brillare nell’oscurità: mi avvolge, mi trasforma, mi satura, mi affascina.

Allora parlo per sentire che esisto, perché se non parlassi la mia lingua si paralizzerebbe,

il mio cuore smetterebbe di palpitare, tutta mi disseccherei abbagliata.

 

 

 

Io sono come la lupa, 

 

me ne vado sola e rido dovunque sia, poichè ho una mano che sa lavorare e un cervello sano. Chi mi può seguire venga con me, ma io me ne sto ritta, di fronte al nemico, la vita, e non temo il suo impeto fatale perchè ho sempre un pugnale pronto in mano. Il figlio e dopo io e dopo…quel che sia che prima mi chiami alla lotta. Talvolta l’illusione di un bocciolo d’amore che so sciupare prima ancora che diventi fiore.

 

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  IN QUESTA PAGINA 

1) IO SUL FONDO DEL MARE

2) DUE PAROLE

3) VERSI DELLA TRISTEZZA DI BUENOS AIRES

4)POTREBBE ESSERE

5)VOGLIO DFORMIRE.

6) PETTO BIANCO

7) DA POESIE D'AMORE

8) IO SONO COME LA LUPA

 

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